Coronavirus. I senzatetto sono più invisibili di prima. “Noi soli e abbandonati”, racconta uno di loro
"La storia di uno....di noi"
In questi giorni di emergenza si parla di contagiati, di dottori, di anziani in pericolo, di numeri. Si dice “state a casa” e ci stiamo, ma chi invece una casa non ce l’ha? Dove mai può andare chi non ha dove andare più? I senzatetto dove vanno?
Ci riferiamo ai clochard, parola francese elegante che mette ancora più distanza tra noi e queste persone, questi barboni come li chiamiamo in italiano. Ma c’è una parola che li identifica più di tutte ed è la parola “invisibili”.
E mai come in questi giorni questa parola è più appropriata. Mai come oggi, dove il pericolo di contagio da coronavirus è sempre più alto, ci si è completamente dimenticati di queste persone sfortunate che vivono per le nostre strade, che dormono sui nostri marciapiedi. I senzatetto, appunto.
Ma qualcuno di questo popolo di invisibili, che non ha mascherine, ne guanti, ha fatto sentire la sua voce. Ha scritto ad un magazine, uno dei pochi che si era interessato alle loro condizioni, per ringraziarli.
Le sue parole sono molto toccanti e fanno riflettere molti di noi, chiusi nelle nostre case a cercare come passare il tempo, mentre i senzatetto là fuori, temono per ogni passo che fanno.
“Siete stati i soli a pensare a chi come me, con asma, bpco cronica e polmonite in questo momento sta per strada perché non c’è accoglienza visto il virus, grazie.
Per chi vive in strada non è una vera emergenza, non sono state prese posizioni o soluzioni precise, esempio aprire una palestra o strutture extra da adibire a posti per soggiornare durante il giorno”.
Noi che ci lamentiamo di questo isolamento forzato che ci fa solo mangiare di più, mentre i senzatetto, gli invisibili, là fuori, sono soli per davvero ed ora che anche la Caritas ha chiuso, non hanno nemmeno quel pasto caldo per rifocillarsi un po’.
Forse se, oltre a suonare e cantare ad ore stabilite sui balconi, ad accendere fari per i satelliti, guardassimo anche un po’ giù, vicino ai marciapiedi, ci accorgeremo di queste persone che vivono per strada a cui nessuno ha pensato di dare una possibilità di difesa contro questo virus.
Gli invisibili, anche loro, hanno paura. I senzatetto sanno che ogni giorno per strada rischiano più degli altri di essere contagiati, si sentono ora più che mai abbandonati da tutti.
“Se un minimo, le persone provassero emozioni anche per gente come me, che non ha aiuti dal comune. Che puzza, che dorme su una sedia al pronto soccorso, forse le cose andrebbero meglio per tutti”, conclude il senzatetto.
Allora, è bello cantare alle finestre, esorcizzare le nostre paure sentendoci più uniti, ma perché non proporre un’ora anche per loro? Scegliamo un’ ora per i senzatetto, scendiamo sotto i nostri portoni, parliamo con loro, portiamogli un pasto caldo, tutto naturalmente mantenendo il metro di distanza.
Ma sarà una distanza più vicina che mai.
Fonte: GreenMe